La prossima volta

Dovrei essere abituata a questo genere di sensazioni eppure mi ritrovo a pensare a cadenza bimestrale le stesse cose…

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Quando andavo a scuola (ogni livello scolastico) odiavo fare attività fisica, un po’ perché ero grassa e goffa e un po’ perché ho sempre avuto una naturale predisposizione all’isolamento, così ogni sport di gruppo era per me un fardello, non solo perché dovevo “giocare” con persone che mi disprezzavano durante tutte le altre giornate ma anche perché anch’io da parte mia non facevo nulla per aprirmi un po’. Con la mobilità di un sacco di patate cercavo di non farmi notare troppo ma purtroppo quando toccava a me la battuta a pallavolo o fare i tiri liberi a basket o il salto in alto, mi batteva forte il cuore per la timidezza e l’ansia di sbagliare e così accadeva, almeno il 70% delle volte. La cosa più umiliante era fare le squadre, a turno chi decideva chiamava i nomi di tutti i miei compagni e prima di me passavano anche ragazze più scarse o almeno dello stesso livello, ma loro facevano parte del gruppo… io no. Così aspettavo che arrivasse il mio turno, l’ultima quella in fondo, dietro il muro, scelta per forza perché la panchina vuota non si può prendere. Tutto ciò mi dava tanto sconforto e mi faceva chiudere in me stessa sempre più con il motto “voi non mi volete?! sono io che non vi voglio!!”, ma queste frasi sono l’anticamera della solitudine, e così è stato per molto tempo. Quando ripenso alla scuola credo di non aver lasciato nulla negli altri, nessun pensiero, la secchiona grassa che stava da sola, sempre sulla difensiva, un bersaglio fin troppo facile da canzonare. Il culmine fu la foto di classe dell’ultimo anno, io in quella foto non ci sono, non che non fossi presente, anzi, è che i miei compagni ne fecero due una con me in cui eravamo in piedi composti ed una in cui le ragazze stavano in braccio ad alcuni ragazzi della mia classe ed io, è facile pensarlo, mi allontanai e non partecipai alla foto e così scelsero quest’ultima come foto per l’annuario, molto più bella e divertente o qualcosa di simile. Sotto la foto ci sono i nomi dei presenti e figura anche il mio, e poi l’elenco degli assenti. Ecco credo che sia l’emblema di come fossi io allora. Quando la vidi rimasi sconcertata ma tenni il mio fastidio per me, che mi importava di quei poveri deficienti dei miei compagni io avevo il mio futuro davanti, potevo dimostrare loro che esistevo davvero e che le loro stupide foto come i loro commenti non mi tangevano.

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Quei miei compagni lavorano tutti, alcuni hanno figli, si sono sposati, hanno le loro vite, io la mia tanto agognata indipendenza la sento disciogliersi nelle bustine di oki contro il mal di schiena e tra le pieghe del bucato da stirare… mi ritrovo casalinga, una condizione che non amo affatto, forse è stata mia madre a farmela odiare tanto. Da quando ho ricordo lei ci ripete che bisogna lavorare e che se non avesse avuto un lavoro non avrebbe potuto lasciare mio padre. Io l’indipendenza soprattutto economica la sogno più o meno dall’adolescenza, avrei potuto fare viaggi, scegliere i vestiti che volevo, comprare una gibson, provare ad essere diversa.

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L’altro ieri ho fatto il quarto colloquio in nove mesi, davvero poca roba rispetto a tutti i cv mandati, ma a quanto pare sono idonea per pochissime mansioni, almeno così dicono i siti di lavoro. Due settimane fa mi sono candidata per molte mansioni differenti, con stage e tutte che non richiedevano già esperienza né particolari conoscenze, tre giorni dopo per dieci mansioni ero considerata “non idonea”, per altre candidature cv letto e nessun riscontro, il che vuol dire non vai bene lo stesso. L’altro ieri ho fatto un colloquio, durante il quale mi sono mostrata sincera, non ho millantato conoscenze che non ho, ho cercato di non mostrare la mia fame di lavoro, perché non sta bene, ho cercato di stare dritta sulla sedia, non chiudere le braccia, non gesticolare, ho cercato di guardare il mio interlocutore negli occhi, di intervenire garbatamente facendo emergere il mio interesse per il lavoro, la tizia dell’agenzia interinale sedeva accanto a me e mi fissava, forse avrà preso appunti sul mio modo di stare seduta o su cagate del genere, in ogni caso, mi hanno detto “un paio di giorni e ti faremo sapere perché ci serve disponibilità dalla prossima settimana”, ed io ho detto subito che andava bene. Evidentemente non sono stata abbastanza brava a camuffare il mio disperato desiderio di fare. Evidentemente non avevo le competenze necessarie. Mi sembra di essere sempre in attesa che qualcuno mi scelga nella sua squadra ma in questo gioco c’è sempre uno prima di me e scelgono sempre lui. Non tocca mai a me… Passerò due giorni di merda e poi riprenderò da capo a mandare cv a cercare altre soluzioni, anche le più estreme come tornare indietro e fare quello che avrei sempre dovuto fare, cioè non cambiare da scienza della formazione a ingegneria, “hai dimostrato che ci sei riuscita a farla, ma adesso devi lavorare”, così mi ha detto mia madre qualche mese fa.  Tralasciando il fatto che non amo l’ambiente scuola, è un tale casino che non so davvero quale sia la strada giusta, rimettersi a studiare una cosa che non volevi fare 10 anni fa?? ha davvero senso? e continuare su una strada che non ti porta da nessuna parte allora? sono così affamata che invidio quelli che vengono chiamati anche solo un mese per lavorare, sono proprio giù… non ho neppure chiesto il contratto che mi avrebbero fatto durante il colloquio, solo il lavoro, solo che avrei potuto fare, anche da questo avranno sentito il gorgogliare dello stomaco. Passerà anche questa, la prossima volta sceglieranno me, sarò nella foto e lascerò qualche traccia del mio passaggio.

 

Pubblicato da Deserthouse

Innamorata della musica della chitarra e della scrittura, ho un blog che aggiorno spesso, amo leggere le cose scritte da altri, qualsiasi cosa possa darmi uno spunto di riflessione, o farmi indugiare in una sensazione. Come tutti sto cercando il mio posto nel mondo sperando che ci sia un climax ascendente nel mio finale.

34 pensieri riguardo “La prossima volta

  1. Traccia del tuo dolce passaggio lo lasci nelle persone care intorno a te opuure ne lasci traccia con la gentilezza che dimostri alle persone che vengono in contatto con te e traccia ne hai lasciato in me, un “perfetto sconosciuto”, con la tua generosità nei commenti e il premio che mi assegnasti. Anche io, come te, ero l’ultimo a essere scelto nelle squadre di calcio o pallavolo, provavano a mandarmi in porta, ma io preferivo non giocare a quelle condizioni…Non ho mai vinto una medaglia, non che oggi me ne importi granché, ma i miei amici allora vincevano medaglie e coppe…Cosa avrei dato per una medaglia di finto bronzo da mostrare ai miei genitori!…Molti anni dopo, una persona, una “perfetta sconosciuta”, come te, mi ha regalato un premio, quell’ambita medaglia: grazie ancora per il Liebster Award.
    Come vedi, traccia la lasci e non mollare mai: arriva per tutti il momento quando meno te l’aspetti e per condizioni e fatti che si incastrano al di là della più fervida immaginazione. Perché però accadano, non devi mollare mai. Devi essere lì, quando succederà. Non sto facendo della “poesia”, ma è capitato a me: in un lasso di tempo di oltre 6 mesi, quattro colloqui presso la stessa azienda, scartato uno dopo l’altro e costretto ad ascoltare delle patetiche paternali, d’improvviso mi chiamarono, dicendomi che si era creata un’opportunità che non c’entrava nulla con i 4 colloqui precedenti (viva la coerenza, il percorso di studi e le esperienze precedenti!). Accettai il colloquio, niente di diverso dai primi e nulla di diverso raccontai. Fu la volta buoma. Poi capii anche che quell’occasione si creò per una serie di eventi incontrollabili, ma una cosa fece la differenza: avevo lasciato una traccia, lasciando un mio “lavoro” cartaceo e fisico. Qualcuno se ne ricordò et voilà!
    Non mollare. Non mollare. Un caro saluto e abbraccio.

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      1. Più che la via più facile, quella più pericolosa. Inghiotte tutto e la persona dall’altra parte percepisce. Nessuno vuole uno scoraggiato, nessuno vuole uno esaltato. L’equilibrio, facile a dirsi e difficile da ottenere, è la base, quantomeno il primo obiettivo cui tendere. Ci saranno momenti particolarmente “giù ” ma se non molli, sei destinata a risalire. Poi, nell’attuale mercato del lavoro, è anche una questione di culo, pardon per l’espressione 😉

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  2. Toccante questa tua testimonianza. Non essere parte. Non essere compresi. E basta poco, anche fuori dal mondo dei rapporti di lavoro: lo sguardo spento di chi, a volte, fa finta di ascoltare quello che dici, magari in un afflato di passione… Basta poco per ritrovarsi oltre una soglia, fuori. E non voglio farne una questione di superiorità o livelli. Non è questo. A volte basta trovarsi al momento giusto nel posto giusto. Fra persone che sono sulla tua stessa lunghezza d’onda. E allora ti si apre il cuore, in un attimo ti senti capito e partecipe. Ma la società, l’umana comunità, una classe di ragazzi che si ritrovano a occupare gli stessi banchi, sanno essere infinitamente crudeli – altro che solidarietà; ti tagliano fuori con un gesto, un’alzata di spalle. Persone sensibili, come te, che dall’altra parte della scrivania, coglierebbero ogni vibrare di ciglia di quel candidato, il fremere delle mani, il flettere del tono della voce, l’esitazione, la luce degli occhi, persone così non sono adatte per quella mansione, per scegliere, selezionare, dirimere, decidere il destino altrui… Perché colto il segnale non lo soffocherebbero, non lascerebbero andare. Gli altri invece, sanno essere ciechi sordi e muti. “Il risultato, il profitto, le capacità, gli “skill”, il profilo più adatto alla posizione…” Cazzate del genere. Mentre invece, a prescindere, a una persona dovrebbe essere data almeno un’occasione di esprimersi. Senza dover necessariamente dimostrare chissà che. Esprimersi per quello che si è. Eppure. Eppure non è così che va il mondo. Almeno nella maggior parte dei casi. Ma. Ma c’è sempre quella possibilità. La possibilità di incontrare qualcuno che “si accorge di te”. Ti vede, ti ascolta, comprende quello che dici. Vede TE, non un numero, ascolta TE, non quello che vuole sentirsi dire. E allora capisce anche quello che TU sai e puoi dare. Ho letto dell’esperienza di Red. “Una serie di eventi incontrollabili”. Anche un foglio lasciato per mesi in un cassetto della scrivania, o letto in metropolitana, per la strada… C’è sempre la possibilità di forare la trama delle regole dei rapporti umani insensibili, meccanici, beceri e vuoti. Non è solo questione di numeri, voti, e calcolo delle probabilità. Esiste la fortuna, chiamalo caso. Esiste il merito. Ma anche l’umano, quello vero, esiste. E la comunicazione. Io ci credo, nonostante tutto. Non mollare. Fai quello che senti di voler fare. Sii attenta e devota a te stessa. E’ questo che, in fondo, fa di te un vero fuori classe.

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  3. Ogni giorno della vita è unico, ma abbiamo bisogno che accada qualcosa che ci tocchi per ricordarcelo. Non importa se otteniamo dei risultati o meno, se facciamo bella figura o no, in fin dei conti l’essenziale, per la maggior parte di noi, è qualcosa che non si vede, ma si percepisce nel cuore.
    (Aruki Murakami)

    Impegnati con coraggio in cio’ che credi…non e’ mai troppo tardi…un abbraccio di cuore! Tokyomelange

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  4. Quando meno te lo aspetti, la vta ti darà la possibilità d’una buona sistemazione lavorativa….non demordere, continua a fare colloqui, anche per i lavori più strani che non ti siano mai venuti in mente e la tenacia ti premierà. La positività aiuta in questo incerto percorso. Un sorriso e un abbraccio,silvia

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  5. Leggo quello che purtroppo avere un figlio di 30 anni e qualcosa in più i suoi amici sento dire ogni volta che li incontro! ragazzi che come te chiedo non solo di poter e mettere in pratica le loro conoscenze e valorizzarsi nel lavoro ma avere una loro autonomia!
    per fortuna mio figlio lavora da oltre 3 anni con contratto a tempo indeterminato ma l’incertezza è l’ansia del domani resta.
    non voglio deprimersi ulteriormente ma anzi scriverti queste due righe mi fa arrabbiare ancora di più contro soprattutto le falsità di questo governo arrogante secondo il quale il jobs act è stato una manna piovuta dal cielo!
    Perché nn te ne voi!!!
    Ti abbraccio forte forte ma vola lontano la foto li lo dice non ti si vede e resta solo il tuo nome tu sei in un altrove che ti porterà fortuna basta avere il coraggio dei nostri bisnonni quando partirono pieni di speranze emigranti con la valigia di cartone
    Shera🌷🍀🌹

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  6. Vedi? Io non esagero se già ti dico che ti voglio bene. Sai, ci sono infelici che lavorano, magari non hanno avuto una mamma con la quale parlare, sebbene la tua in quest’occasione si sia dimostrata, forse, anche troppo diretta e invasiva ma di sicuro ti ama.
    Quanti anni hai? meno di 30? Eddai… di questi tempi, purtroppo è una anomala e normale situazione che coinvolge MOLTI giovani che hanno pensato di smettere gli studi anzitempo, o forse hanno sbagliato scuola.
    Io non posso che dirti di non mollare MAI, DAVVERO MAI.
    Troverai quello che cerchi, sei in gamba, sincera, intelligente e si vede.
    E troverai la tua strada anche se pesassi 200 kg, con queste caratteristiche arriveranno le soddisfazioni, comunque.
    Magari chi è magro si ammala, chi sembra fortunato viene piantato o tradito…
    I belli non sono comunque soddisfatti…
    Il segreto è saper smettere di invidiare o di guardare gli altri e lavorare dentro di noi. Così con caparbietà tanto da poter studiare, piacerci, dimagrire, imparare uno sport, trovare un passatempo, presentarci orgogliosi per ciò che siamo ad un colloquio e, perchè no, aprire un blog.
    Io direi che sei a buon punto e io mi sento così vicina a te, se avrai bisogno anche solo di parlare, scrivimi. Ti manderò la mia email. Un abbraccio grande con due lacrimucce… per te… non lasciarti andare, non puoi, la vita DEVE ESSERE VISSUTA, devi essere forte per i momenti ancora più duri che verranno.
    Ci siamo passati tutti o quasi. Sapessi…
    Ciao tenera nuova amica.

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      1. purtroppo di vago ci sono solo i miei pensieri e le scelte che in un modo o nell’altro occorre fare. tutto il resto è terribilmente vero e fastidiosamente reale.

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