Who’s gonna tell you when, it’s too late

A45082D8-6903-408B-89B7-1A1DEBF35902.jpegSono giorni che vivo sempre lo stesso giorno, cambia leggermente nei contorni, cambiano i vestiti, cambiano le facce degli autisti dell’autobus, per il resto è tutto uguale. Mi sveglio, ho sonno, tentenno, mi alzo, è tardi, mi lavo, mi vesto, mangio la stessa colazione del giorno prima, corro verso la stessa pensilina, salgo sul bus, riconosco qualcuno, scendo, camminata veloce verso altro bus, qui ci sono sempre le stesse facce, mi riconosco. Il bus parte, leggo (e qui l’unica cosa è cambiata in questi mesi e cioè i libri da leggere), viaggio:persone che salgono e scendono, tracciati rettilinei e poi le curve, città, citta, città, grande rotonda, area industriale, poche case, casolari di campagna, sale una mamma con due bambine, altra area industriale, rotonda, via primo maggio scendono quasi tutti, sale una mamma con un bambino, rettilineo, chiesa sulla destra, poi di nuovo campi e poi l’inizio di un altro paese, due fermate, la terza è la mia ma scendo a quella successiva davanti al bar del paese per camminare un po’. Torno indietro per un centinaio di metri, una Coop sulla sinistra e poi campi. A destra la strada che va verso altra area industriale, la mia. La faccio a piedi ascoltando musica, canticchiando e a seconda del giorno e dell’umore varia. Di poco. Anche YouTube ha i mix fissi ormai, c’è quasi sempre Drive degli Scorpions. Arrivo davanti alla palazzina, suono il campanello, penso che non mi hanno dato la chiave e a quanto dovrò aspettare. Aspetto. Cerco con lo sguardo le auto di chi in ufficio dovrebbe già esserci. Aspetto. Non mi aprono. Risuono. Aspetto. Finalmente mi aprono. Salgo le scale, guardo il cartello che segnala un estintore che non c’è. Penso a tutta la carta. Rischio incendio medio. Scuoto la testa solo mentalmente. In ufficio nessuno, accendo la luce, alzo la serranda, apro la portafinestra, spengo la luce. Accendo il pc, appoggio la giacca sulla sedia, tiro fuori la borraccia per l’acqua. Mi siedo. Controllo le mail. Niente. Controllo l’archivio. Metto in ordine decrescente fogli in base a un numero di sei cifre stampato in alto a destra sui contratti. Mi scoraggio. Continuo. Mi annoio. Continuo. Ho quasi finito. Non ci sono altri archivi. Li ho già sistemati tutti. E adesso? Guardo se è uscito il bando per il dottorato. Nulla. Guardo il calendario. Conto i giorni. Mi chiedo se mi diranno qualcosa o meno per il rinnovo. Penso ad altre possibilità. Penso al progetto di dottorato. Penso che sto perdendo tempo. Penso che servono i soldi. Penso che non mi prenderanno mai. Penso al perché il mio capo ha cambiato atteggiamento, mi ha messo da parte. Penso che è andata a fare un sopralluogo senza di me anche se le ho detto due volte che sarei andata con lei. Penso che sono stata incauta e ingenua a dirle che una cosa non la sapevo fare e che dovevamo andarci insieme così da provare con due teste. Penso alla sua risposta: “neppure io lo so fare”. Penso che le ho chiesto del sw per simulare il calcolo ma non c’è ancora, penso che è inutile raccogliere un dato se non lo si può usare, penso che si è fatta accompagnare dal commerciale invece io sarei dovuta andare per conto mio senza fare storie. Penso che lei è il capo e io sono dipendente. Penso che le ho dato la mia fiducia, che sono stata sincera con lei. Penso di aver sbagliato tutto quanto.  Perdo tempo. Cerco contratti da attivare. Manca poco andranno a pranzo e io resterò sola in ufficio e potrò guardare le offerte.  Vanno a mangiare hanno i buoni pasto. Io no. Mangio un panino, sempre prosciutto e insalata. Un arancio. Controllo le offerte. Cerco materiale per il progetto di ricerca. Rinfresco vecchi concetti. Scopro realtà all’estero dedicate alla ricerca per l’ambiente la sostenibilità, mi esaltano. Mi deprimono. Tornano in ufficio. Chiedo se c’è qualcosa da fare. Niente. Mi deprimo. Perdo tempo. Aspetto. Mi preparo. Esco dall’ ufficio. Di nuovo musica. Aspetto l’autobus. Viaggio. Libro. Scendo. Cammino fino a casa. Cerco di evitare di lamentarmi con mio marito ma lo faccio. Litighiamo. Sono stanca. Ci chiariamo, cerco di non pensare. Accendo la tv. Preparo la cena. Devo mangiare meno per la dieta. Mi sembra una vita di privazioni ma sono ingrassata per stress in questi mesi è ora di riprendere il controllo.

Oggi in ufficio ci sono solo io. Mi sento evitata. Ieri il mio capo è andata a fare quel sopralluogo, e sono giorni che ripete che deve andarci come a decretare che in fondo è anche un tecnico che fa verifiche ma è una di quelle persone che lo ripete così tante volte che capisci subito che la cosa di cui si sta vantando per porsi sul piano di “quelli che fanno”, la infastidisce, si sente subito che preferirebbe starsene per conto suo e io che ho osato chiederle di andarci insieme sono solo una scocciatura, l’ennesima di questo lavoro. Lei non è di quelli che ti dice “vai tu, raccogli il dato e poi ci guardiamo insieme… o andiamo insieme a farlo così concludiamo qualcosa… o tu vai e poi chiedi a quest’altro tecnico che lo ha già fatto…” lei ti ignora e ti classifica inutile. Ormai sono giorni che penso questo e i suoi comportamenti me lo stanno dimostrando sempre di più. Non so bene come farà senza il sw a fare il calcolo o forse si farà aiutare da altri tecnici o forse farà una cosa raffazzonata tanto per fatturare ma si parla di sicurezza in questo caso! Forse sono troppo presa dalla paura di sbagliare e dovrei lanciarmi di più ma firmare calcoli fatti a cazzo proprio non me la sento ed è sempre stato questo il vero problema di questo lavoro, le cose fatte tanto per fatturare, il gestionale sempre rotto, tutte le malelingue e le lamentele continue. Comunque oggi e domani starà a casa in malattia. Il mio collega mi ha comunicato ieri che oggi sarebbe stato in ferie  e lo ha comunicato al telefono al mio capo mentre ero presente anche io. A causa della mia solita sindrome di accerchiamento, figlia di “anni belli” passati a controllare per evitare attacchi, può capitarmi di esagerare ma stavolta mi sembra di leggere correttamente i segnali. Ieri il mio capo viene a sapere che oggi dovrà stare con me tutto il giorno, si dà malata oggi e domani, così tanto per evitarmi ancora un po’ o forse per evitare che io le chieda in faccia che pensa di fare col mio contratto visto che scade venerdì prossimo e io ho già comunicato da settimane che il 30 non ci sarò così ho tempo fino  a giovedì prossimo. Mi faccio una piccola gita per chiudere un contratto e approfittare delle vacanze di Pasqua. Tanto se non me lo rinnoveranno le ferie andranno “perse” e se me lo dovessero rinnovare non sono certa che si accumulino con i giorni eventualmente maturati successivamente. Tecnicismi inutili perchè io oggi sono da sola e da tre settimane vengo evitata sistematicamente, messa da parte a fare l’archivio o cose di poco conto, nessuna richiesta, nessuna consultazione. Non che prima avessi un rapporto amicale ma mi sembrava di aver instaurato quanto meno un rapporto di sincerità e fiducia.  Poco male si potrebbe dire considerando che non ho amato questo lavoro da quasi subito, ma essere sbattuti via così senza capire bene il perché non è nemmeno tanto esaltante e poi per la parte di me che mi giudica è sacro nutrimento. Posso solo aspettare lunedì e affrontare io l’argomento quanto meno per eliminare il sospeso che c’è ora. Sensazione strana quella dell’attesa di sapere sul contratto, nuova, ma altamente frustrante unita al resto poi… Se dovessero mandarmi via non rinnego nulla, ho espresso la mia opinione rispettando quella dei miei superiori, sono sempre venuta in ufficio anche con condizioni avverse, ho chiesto se potevo essere d’aiuto per diverse mansioni. Ho commesso il solo errore, se si può definire tale di chiedere al mio capo il suo aiuto per una cosa mai fatta prima né da me né da lei. Non saprò mai se è questo il vero motivo ma di certo sarà utile per limare le parole da dire, per imparare a chiedere e suggerire nel modo giusto. Immagino che si impari come il resto. Due mesi fa mi avevano fatto promesse da marinaio dicendomi che le probabilità di rinnovo erano alte, io allora molto ingenua ci avevo creduto e avevo pensato che nel mentre che cercavo altro avrei guadagnato ancora qualcosa. Ho peccato di ingenuità e inesperienza. Lo so non mi hanno ancora detto nulla ma una certa sensazione di resa non mi abbandona. Ho conosciuto nella mia vita tanti tipi di frustrazione e delusione, nel mio carnet mi mancava quella da “essere messi da parte a lavoro” e quella da attesa su esito contratto. Immagino siano utili a loro modo anche queste.

Pubblicato da Deserthouse

Innamorata della musica della chitarra e della scrittura, ho un blog che aggiorno spesso, amo leggere le cose scritte da altri, qualsiasi cosa possa darmi uno spunto di riflessione, o farmi indugiare in una sensazione. Come tutti sto cercando il mio posto nel mondo sperando che ci sia un climax ascendente nel mio finale.

25 pensieri riguardo “Who’s gonna tell you when, it’s too late

      1. Il problema di questo adattamento è che è sempre più monodirezionale nel senso che altri decidono ciò che ti spetta, come, per quanto e tu sei solo uno dei tanti che prendere o lasciare.
        Ps son passato incuriosito dal nick…credevo fossi un hacker attratto dal mio post! 😀

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  1. Io ti rispondo così…

    “E per il resto lasciatevi accadere la vita.
    Credetemi: la vita ha ragione, in tutti i casi.
    Non vi osservate troppo.
    Non ricavate conclusioni troppo rapide da quello che vi accade;
    lasciate che semplicemente vi accada”. R. M. Rilke

    A me sembra che questo lavoro non ti renda poi tanto felice, e calcolando che la metà (se non più) del tempo della nostra giornata lo passiamo lavorando, la cosa fondamentale a lungo andare è fare ciò che ci piace. Lasciati andare alla vita, la vita ti stupirà. 🙂

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  2. Difficile commentare, difficile dirti passerà o che ti sbagli.
    Il tuo comportamento è stato comunque ineccepibile e professionale, quindi non farti venire sensi di colpa e fai tesoro di ciò che questa esperienza ti ha portato. Ti abbraccio forte

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  3. Io la penso come Rilke. Non ci si riesce a stare vicino a qualcuno quando hai la netta sensazione di essere un indesiderato, che sia lavoro o vita privata. Mi sono licenziata dal mio vecchio posto di lavoro dopo tanti anni proprio per questo: nuovo capo, nuovi fedelissimi, vecchia guardia messa da parte. Situazione simile nel privato, e ho fatto lo stesso col mio uomo. Ora sono in un’altra città, con un altro lavoro in cui i rapporti con le persone sono ben diversi. La crisi su tutti i fronti è diventata una opportunità. Bisogna crederci e non mollare. (La Drive del titolo però era dei Cars, non degli Scorpions 🙃)

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    1. Grazie per il tuo commento. cercherò di prendere il tutto come hai fatto tu, cioè un’opportunità di fare altro e rimettermi in gioco. Per la canzone io allora conosco solo la cover fatta dagli Scorpions, grazie per l’appunto.

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  4. Ho letto tutto d’un fiato. Mi spiace immensamente per la piccolezza di queste persone, per i giochini aridi e infantili. Comunque vada tu ne esci a testa alta e spero con tutto il cuore tu possa trovare di meglio. Un abbraccio 💪

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  5. si fa fatica cambiare atteggiamento e adattarsi ai compromessi. Ti capisco benissimo e tu l’hai descritto chiaramente. Certa avrebbe fatto comodo il rinnovo ma se non vine è meglio non pensarci.
    vedrai che troverai qualcosa di meglio

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