Scrivere qui è diverso. Una sorta di confessione, ma anche lui/lei merita una parola. Il 4 febbraio ho scoperto di essere incinta. Dopo più di un anno da quel terribile evento sembrava che la vita fosse tornata a scorrere. Ho aspettato i risultati degli esami genetici, e poi il triste anniversario, per rispetto a te, ho iniziato dopo 5 novembre a cercare un bambino e ho impiegato poco. Sembra tutto semplice stavolta. nessun distacco. Mi sentivo in forze, ho continuato a lavorare, e invece il 9 marzo in un’ecografia mi hanno detto che il cuore non si sentiva. Aborto interno lo chiamano.
Quella sera ho desiderato le lame. ho urlato con tutto il fiato in gola, un dolore viscerale, interno. Un boato che mi apriva e mi squarciava. Adesso non credo di averne bisogno, sono ancora in uno stato semi confusionale. La mia testa rifiuta l’evento, sa che è esistito ma in qualche modo non c’è.
Una forma diversa, prematura di dolore. Io che avevo paura che dei test e invece tuo fratello o tua sorella se n’era già andato. Tornare nello stesso ospedale, stessi reparti è come rivivere gli stessi giorni di sofferenza. Detesto la ginecologia del Maggiore. Ho solo ricordi brutti. Mi hanno dato due pillole e mi hanno messo in una stanza con altre 4 donne, due erano lì perché stavano facendo un’interruzione volontaria; alle altre due era capitato che avessero iniziato ad avere perdite.
Tutte hanno già figli. Ho raccontato loro di come sei andato via tu, il parto e il dolore, il tempo che ho impiegato ad aspettare. Poi questo. Una un po’ sfrontata mi ha detto:”ti avrei dato il mio”. Che pugnalata! Le altre stavano serene ad aspettare che finisse la giornata e tornare a casa. Non una passeggiata certo, ma parlavano al telefono e cercavano di riposare. Io mi disperavo nel letto.
È scovolato via da me in qualche giorno. si meritava di più di questo. I medici hanno detto che con te non c’entra nulla, che è diverso stavolta, è la natura. “gli aborti nel primo trimestre sono piuttosto frequenti e non c’è nulla di cui si deve incolpare” hanno detto. Tu avevi già lasciato un solco, e speravo che tuo fratello o tua sorella potesse arginare il mare. Non so come mi sento adesso. La prima settimana è stata difficile, ho benedetto il lavoro anche se non mi esalta. Non mi sono riposata, ho ricominciato subito. Tutto pur di non pensare. Ho rifatto un controllo una settimana dopo e poi sono andata a camminare. Tra le colline in un parco riserva, poco prima dell’inizio della via degli dei, ho trovato il posto dove ti avrei disperso. Ho lasciato lì voi due e il mio cuore malandato. Questa città vi conserva entrambi. Seicento grammi tu, un grumo biologico lui/lei.
Mi sono chiesta perché sui social la gente scrive di lutti di persone care, di malattie, ma è molto raro che si legga di aborti. La psicologa dice che può essere che le persone che non l’hanno vissuto, non avendolo visto fisicamente il bambino, ne neghino l’esistenza. Ma esiste per i genitori, e questi non desiderano per forza parlarne. Si dice che solo una nuova gravidanza cura un aborto. Non lo so quanto posso resistere a questa ennesima prova. So bene che non è un evento raro, so bene che ci sono donne che hanno figli dopo il quarto o quinto tentativo ma quanto di me si porta via? Non è il dolore fisico, ma la testa. Come si cura la testa?
Mancate entrambi alla mamma. Tanto, tutti e due. Meritavate di più. Io spero di vedervi presto.
